“Risparmiometro”: il Fisco affila le armi e si appresta ad utilizzare la superanagrafe dei conti

Il Fisco affila le armi ed entro breve inizierà ad utilizzare i dati presenti nella Superanagrafe dei conti incrociandoli con i dati reddituali presenti nell’archivio dell’Anagrafe tributaria. Nel mirino finiscono ora, dopo le società, le persone fisiche che presentano una movimentazione dei conti bancari non plausibile rispetto al reddito dichiarato.

L’allarme però è eccessivo, in quanto, perlomeno nella fase iniziale, l’attenzione del Fisco sembra concentrarsi sui soggetti che presentano elevati profili di rischio come gli evasori totali. I
Ogni anno le banche, Poste Italiane, e gli altri intermediari finanziari sono obbligati a comunicare all’Agenzia delle entrate alcuni dati relativi ai rapporti con i propri clienti. Si tratta, ad esempio, del saldo iniziale dei conti correnti o di deposito, i saldi finali, il totale degli accrediti ed il totale degli addebiti. Non devono essere comunicate le singole operazioni. I medesimi dati riguardano il deposito dei titoli o anche il numero di accessi del contribuente al servizio “cassette di sicurezza”. Queste informazioni potranno essere utilizzate dal Fisco direttamente senza richiedere alcuna specifica autorizzazione.
Il nuovo strumento che il Fisco intende “mettere in campo” utilizzerà esclusivamente i dati “aggregati” e quindi non richiederà il rilascio di alcuna autorizzazione preventiva. Il ragionamento è estremamente semplice ed è fondato sull’incrocio dei dati già noti all’Agenzia delle entrate con i redditi dei contribuenti risultanti dall’Anagrafe tributaria. I dati già conosciuti sono il saldo dei conti all’inizio e alla fine dell’anno, il dato complessivo delle entrate e delle uscite (totale degli accrediti e degli addebiti), e la giacenza media sui conti.

In pratica, se il software utilizzato dall’Agenzia delle entrate riscontrerà uno scostamento del 20 – 25 per cento tra quanto risulta al Fisco come reddito e quanto indicato nel saldo di fine anno del conto, determinato come differenza tra entrate ed uscite, il contribuente rischierà di finire nel mirino nel Fisco. Ad esempio, se la differenza tra le entrate e le uscite ammonta a 150.000 euro, ed il reddito dichiarato ammonta a 20.000 euro, è evidente la necessità di dover giustificare la differenza. Fino a qualche anno fa il Fisco non era in grado di conoscere automaticamente i dati dei conti correnti bancari. Poteva solo sapere il numero di conti correnti intestati a Tizio e dove questi conti erano accesi. Invece, in virtù della Superanagrafe dei conti, dal 2014 l’Agenzia delle entrate è in grado di conoscere automaticamente, sia pure in forma aggregata, una serie di dati.

È evidente che il nuovo strumento non potrà essere utilizzato automaticamente, ma lo scostamento del saldo del conto corrente, ben più elevato rispetto al reddito dichiarato, potrebbe essere dovuto a ragioni più che legittime. Ad esempio, il contribuente potrebbe aver ricevuto una consistente somma di denaro a seguito di una successione, ovvero l’incremento del saldo potrebbe ancora essere dovuto alla plusvalenza derivante dalla vendita dell’abitazione principale completamente esclusa dall’imposizione ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR. L’Agenzia delle entrate ha dunque assicurato che la selezione dei contribuenti da controllare sarà effettuata sulla base di criteri rigorosi, senza prendere in considerazione tutti gli scostamenti tra i saldi dei conti ed i redditi dichiarati.

Il contraddittorio
Il Fisco ha escluso, però, l’automatismo della procedura. Infatti, non solo saranno selezionate le posizioni a maggior rischio di evasione, ma i contribuenti avranno la possibilità, durante il contraddittorio, di spiegare da dove trae origine la maggiore disponibilità di denaro.