Elevato a 5.000 euro il limite per i pagamenti in contanti

La legge di Bilancio del 2023 (L. n. 197/2022) ha elevato il limite relativo all’utilizzo del denaro contante. Sarà così possibile, dall’inizio del nuovo anno, effettuare trasferimenti di denaro contante fino a 4.999,99 euro. Ove il legislatore non fosse intervenuto, il limite sarebbe sceso da 2.000 a 1.000 euro.

È stato cosi modificato l’art. 49 del D.lgs. n. 231/2007 avente ad oggetto la disciplina dell’antiriciclaggio che però continua a vietare il frazionamento delle operazioni con l’intento di aggirare il predetto limite.

Deve però osservarsi sul punto, che se il frazionamento del pagamento risponde a comportamenti consolidati nella prassi commerciale, il pagamento rateale deve considerarsi ammesso e regolare. In tale ipotesi non sussiste alcun intento elusivo, cioè di aggiramento del predetto limite.

Si consideri ad esempio il caso di un commerciante che ha acquistato merce per un importo di 6.000 euro. Le previsioni contrattuali prevedono il pagamento di tale importo in tre rate di 2.000 euro cadauna a 30, 60 e 90 giorni rispetto alla data fattura. Se il pagamento di ogni singola rata viene effettuato in contanti il comportamento è regolare. È consuetudine che nella prassi commerciale il pagamento delle fatture venga in alcuni casi rateizzato. Da ciò si desume la mancanza dell’intento elusivo, e quindi il comportamento descritto non può essere considerato quale frazionamento dell’operazione.

Il nuovo limite non si applica, però, ai versamenti o prelevamenti bancari. In tale ipotesi non viene effettuato alcun trasferimento di denaro in favore di soggetti diversi. Potrebbe essere quindi astrattamente possibile effettuare un versamento di denaro contante su un conto corrente bancario di un importo pari a 10.000 euro. Deve però considerarsi che è anomalo il versamento di denaro contante se soprattutto avviene con una certa frequenza e per importi rilevanti. In tal caso, anche se come detto il comportamento descritto non viola alcuna disposizione, la banca potrebbe essere indotta a comunicare all’UIF l’effettuazione di un’operazione sospetta con riferimento alla disciplina antiriciclaggio. La valutazione, però, è a discrezione dell’istituto di credito che riceve la somma.

Le misure aventi ad oggetto le limitazioni all’utilizzo del denaro contante sono state al centro del dibattito politico durante l’iter di approvazione del provvedimento di fine anno. Nel testo della legge definitivamente approvato non ha trovato spazio la misura che avrebbe consentito a commercianti e professionisti di non accettare i pagamenti di importo pari o inferiore a 60 euro che l’acquirente avrebbe voluto effettuare tramite carte di debito o di credito.

Conseguentemente, sarà applicabile anche nell’anno 2023, l’art. 15, comma 4-bis del D.L. n. 179/2012. Secondo quanto previsto da tale disposizione, con decorrenza dal 30 giugno 2022 nei casi di mancata accettazione di un pagamento, indipendentemente dall’importo, effettuato con carta di debito, carta di credito o carta prepagata, da parte di un professionista o da un esercente attività commerciale, si applica nei confronti di tale soggetto la sanzione amministrativa pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione.

Dal 1° gennaio 2023 sarà variato anche il limite previsto per le operazioni effettuate dai cambiavalute iscritti nell’apposito registro. Infatti, la soglia di 2.000 euro è in vigore fino al 31 dicembre 2022. Dal 1° gennaio 2023 si applicherà il limite di base pari a 3.000 euro (art. 49, comma 3 – bis del D.lgs. n. 231/2007).

Invece, non subirà alcuna modifica, neppure nel nuovo anno, il limite di 999,99 euro all’utilizzo di contanti per il servizio di rimessa di denaro, più comunemente noto come money transfer.

IL CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA PER LE IMPRESE MINORI

A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 1° luglio 2022 dell’ultimo decreto correttivo (D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83), è entrato in vigore il 15 luglio 2022 il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14).

Negli anni il Codice è stato interessato da diversi interventi legislativi e diverse modifiche. In questa occasione ci preme segnalare che molte novità riguardano anche le imprese che non sono in stato di crisi. In particolare, la principale novità per le imprese che non sono ancora in crisi è rappresentata dall’obbligo:

  • per l’imprenditore individuale di «adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte»;
  • per l’imprenditore collettivo (società ed enti) di adottare «un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art. 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative».

Le nuove norme non sono solo un obbligo, ma devono essere colte come un’importante opportunità per la gestione dell’azienda.

Adeguatezza delle misure e degli assetti per la tempestiva rilevazione della crisi d’impresa

Dal 15 luglio, in base al comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.

Successivamente, al comma 3, è previsto che l’assetto dell’impresa, organizzativo, amministrativo e contabile, in linea con le previsioni dell’art. 2086 c.c., deve consentire all’imprenditore collettivo di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi e assumere idonee iniziative.

Ai fini della previsione dell’emersione della crisi d’impresa, le misure idonee e gli adeguati assetti d’impresa di cui sopra, devono consentire di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’art. 13, al comma 2” del Codice.

La norma precisa altresì che costituiscono segnali per la previsione dell’emersione della crisi:

“a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’art. 25-novies, comma 1″, nei confronti di creditori pubblici qualificati (Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione).

Quanto già previsto nell’art. 2086 c.c. per l’imprenditore collettivo è quindi esteso anche all’imprenditore individuale, il quale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie per farvi fronte.

All’impresa collettiva viene chiesto di attivare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, in base alla natura e dimensione dell’impresa. L’assetto risulta adeguato laddove permetta la tempestiva rilevazione dell’eventuale stato di crisi, nonché l’adozione e l’attuazione di misure volte al suo superamento.

Come si è detto, al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, gli assetti devono consentirecongiuntamente di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario;
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e la prospettiva di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi, nonché di rilevare i segnali di allarme relativamente ai debiti scaduti e ad eventuali esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari;
  3. ricavare le informazioni necessarie per utilizzare la lista di controllo particolareggiata per poter effettuare il test pratico[1] per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

Non è previsto un modello obbligatorio e specifico per la predisposizione di un assetto adeguato, lasciando libero arbitrio alla valutazione discrezionale da parte degli imprenditori.

Può essere di aiuto, per chiarire le idee, la recente sentenza n. 188/2021 del Tribunale di Cagliari che ha evidenziato le seguenti inadeguatezze legate all’assetto organizzativo:

  • organigramma non aggiornato e difetta dei suoi elementi essenziali;
  • assenza di un mansionario;
  • inadeguata progettazione della struttura organizzativa e polarizzazione in capo a una o poche risorse umane di informazioni vitali per l’ordinaria gestione dell’impresa (ufficio amministrativo);
  • assenza di un sistema di gestione e monitoraggio dei principali rischi aziendali.”

Per quanto riguarda l’assetto amministrativo:

  • mancata redazione di un budget di tesoreria;
  • mancata redazione di strumenti di natura previsionale;
  • mancata redazione di una situazione finanziaria giornaliera;
  • assenza di strumenti di reporting;
  • mancata redazione di un piano industriale.”

In ultimo, per quanto concerne l’assetto contabile:

  • “la contabilità generale non consente di rispettare i termini per la formazione del progetto di bilancio e per garantire l’informativa ai sindaci;
  • assenza di una procedura formalizzata di gestione e monitoraggio dei crediti da incassare;
  • analisi di bilancio unicamente finalizzata alla redazione della relazione sulla gestione;
  • mancata redazione del rendiconto finanziario.

Perché adeguarsi?

Adeguarsi ai principi imposti dal Codice della Crisi è innanzitutto necessario per il bene e lo sviluppo dell’impresa.

Ma rispettare la norma è anche l’unica soluzione che consente a imprenditori e amministratori di società di evitare (o attenuare) responsabilità personali.

ATTENZIONE: Si ricorda che, dal 16 marzo 2019, l’art. 2476 del Codice Civile ha aggiunto alle tradizionali forme di responsabilità degli amministratori di S.r.l. (verso la società, con azione da parte dei soci, nonché verso il terzo o il singolo socio in caso di danni diretti causati da atti dolosi o colposi), la responsabilità verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.

L’amministratore di una S.r.l. rischia quindi il proprio intero patrimonio personale se non ha adottato tutti gli strumenti necessari per la conservazione del patrimonio sociale.

E non è il caso di farsi trarre in inganno dalla “buona salute” dell’impresa. Le aziende sane non sono immuni da rischi, soprattutto in un contesto sempre più mutevole ed incerto come quello che sta caratterizzando gli ultimi anni.

In una recente sentenza del 19 gennaio 2022 il Tribunale Cagliari ha stabilito che la violazione del dovere di predisporre adeguati assetti organizzativi è più grave quando la società non si trova in crisi, perché è proprio in questa fase che l’impresa ha le risorse anche economiche necessarie per predisporre con efficacia le opportune misure organizzative, contabili e amministrative.

La funzionalità di adeguati assetti volti alla tempestiva emersione dello stato di crisi viene peraltro premiata dalle misure previste dall’art. 25 del Codice della crisi, in quanto il poterne beneficiare è subordinato alla iniziativa tempestiva dell’organo amministrativo.

Si segnala infine che diverse Camere di Commercio stanno attivando Bandi che assegnano contributi a fondo perduto (voucher) finalizzati alla diffusione e allo sviluppo della prevenzione della crisi d’impresa, agevolando in particolare la partecipazione delle imprese ad iniziative di formazione e o di valutazione dell’adeguatezza della propria struttura organizzativa, economico e finanziaria, nonché l’acquisto di software.

La norma impone a tutte le imprese, senza alcun esonero legato alle dimensioni, di adeguare il sistema organizzativo, amministrativo e contabile ma prevede che lo stesso sia “adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”. Non esiste quindi una formula unica per tutte le imprese.

Siamo a disposizione, nell’ambito delle nostre competenze, per valutare insieme lo stato dell’arte e le implementazioni che sarebbe opportuno realizzare.


[1] La lista di controllo e il test pratico sono contenuti nell’allegato al Decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 settembre 2021.

Il quadro delle novità dal 1° luglio

Dal 30 giugno 2022 obbligatorio accettare pagamenti in moneta elettronica

Invero, tale obbligo è in vigore “sulla carta” già da anni, ma privo di sanzioni, e di conseguenza spesso disatteso. A seguito di quanto disposto dall’articolo 18 del D.L. 36/2022, l’introduzione delle sanzioni viene anticipata al 30 giugno 2022 (rispetto a quanto prima previsto, 1° gennaio 2023). Le sanzioni sono dettate dall’articolo 15, comma 4-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179: laddove un soggetto che effettua attività di vendita di prodotti e/o prestazioni di servizi, anche professionali, rifiuti di accettare un pagamento attraverso carte di debito / credito, si renderà dovuta una sanzione fissa pari a 30 euro, cui si aggiunge il 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento elettronico (salvo i casi di oggettiva impossibilità tecnica). L’obbligo si considera assolto con la possibilità di accettare in pagamento almeno un tipo di carta di debito/credito.

Obblighi e-fattura contribuenti in regime forfettario e ex minimi 

Dal 1° luglio 2022 vengono attratti nel mondo del “fisco elettronico” i contribuenti in regime di vantaggio e in regime forfettario, se nell’anno precedente l’ammontare dei ricavi o compensi ha superato soglia 25.000 euro. A tal fine è necessario:

  • verificare l’ammontare dei ricavi o compensi conseguiti nell’anno 2021, procedendo ad un eventuale ragguaglio a periodo laddove la posizione IVA sia stata aperta in corso d’anno (cfr. righi LM22 – LM27 colonne 3 e 4 di Redditi 2022 per i forfettari, e rigo LM2 per i contribuenti in regime di vantaggio).
  • se il contribuente viene attratto nei nuovi obblighi già a far data dal 1° luglio 2022, lo stesso dovrà emettere fattura esclusivamente in formato elettronico, e ricevere le fatture in formato elettronico, considerando anche i conseguenti obblighi di conservazione elettronica a norma CAD.

Da non dimenticare i tempi previsti per la trasmissione delle fatture emesse tramite SDI: entro 12 giorni nel caso di fattura immediata, entro il giorno 15 del mese successivo in caso di fattura differita. È tuttavia prevista una deroga, sotto il profilo sanzionatorio, a favore dei “nuovi obbligati”: per tutto il terzo trimestre 2022, le sanzioni di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 non saranno loro applicabili, ma ciò solo a condizione che la fattura elettronica venga emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Per gli esercenti professioni sanitarie resta fermo il divieto di emissione di e-fattura per le prestazioni rese alla persona.

Esterometro abrogato, integrazione / autofattura tramite XML e-fattura

A far data dalle operazioni effettuate dal 1° luglio 2022 viene meno il cd. “esterometro” (Comunicazione delle operazioni transfrontaliere), sostituito da files XML per ciascuna operazione. Pertanto:

  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, effettuate a partire dal 1° luglio 2022, dovranno essere documentate da fattura elettronica (codice destinatario XXXXXXX), i cui tempi di trasmissione sono quelli ordinari: 12 gg in caso di fattura immediata, entro il gg 15 del mese successivo in caso di fattura differita;
  • le operazioni di integrazione IVA / autofattura conseguenti ad acquisti di beni e servizi effettuati da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato dovranno essere documentati tramite fattura elettronica, codice tipo documento TD17 – acquisti di servizi intra ed extra UE -; TD18 – acquisti intracomunitari di beni; TD19 – altri casi. I documenti elettronici saranno da trasmettere entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione da parte del fornitore estero;
  • la comunicazione è facoltativa per tutte le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche;
  • a seguito di quanto disposto dall’articolo 12 del decreto Semplificazioni, decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, non sono soggette a trasmissione le operazioni di importo non superiore ad euro 5.000 per ogni singola operazione, relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
  • I soggetti “nuovi obbligati” alla fatturazione elettronica sono assoggettati ai medesimi obblighi in materia di operazioni transfrontaliere previsti per i soggetti in regime ordinario.

OPERAZIONI CON L’ESTERO E FATTURAZIONE ELETTRONICA DAL 1 LUGLIO 2022

Secondo le disposizioni dell’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015per le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, la trasmissione telematica va effettuata utilizzando lo SdI secondo il formato XML previsto la fatturazione elettronica tra soggetti passivi Iva nazionali.

Con riferimento alle operazioni effettuate con l’estero, le specifiche tecniche di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 89757 del 30.04.2018 e successive modificazioni (versione 1.7) prevedono la predisposizione e l’invio, per ogni operazione, di un file conforme al tracciato e alle regole tecniche della fatturazione elettronica, da trasmettere allo SdI.

Sono previste modalità e termini distinti per assolvere alla comunicazione, in base alla tipologia di operazione realizzata.

IMU

Il nuovo assetto per i tributi comunali è stato ridisegnato con la legge di Bilancio 2020 (legge n. 160 del 27 dicembre 2019). La nuova IMU si applica in tutti i Comuni del territorio nazionale, ferma restando per la regione Friuli Venezia Giulia e per le province autonome di Trento e di Bolzano l’autonomia impositiva prevista dai rispettivi statuti.

Dall’anno 2020 i detentori degli immobili non sono più tenuti al versamento della TASI che era, invece, dovuta fino al 2019 sia dal titolare del diritto reale sull’immobile che dall’occupante; nel caso di immobile in affitto la TASI era dovuta infatti sia dal locatore che dal conduttore.

Applicazione dell’imposta

La disciplina dell’IMU è in continuità con la normativa precedente. Il presupposto dell’IMU è il possesso di immobili.

Attenzione: Il possesso dell’abitazione principale o assimilata non costituisce, come già previsto in precedenza, presupposto dell’imposta, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.

Il legislatore ha fornito la definizione degli immobili, ai fini dell’applicazione dell’imposta:

  • per “fabbricato” si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente (come chiarito dal MEF con la Circolare n. 1/DF del 18 marzo 2020 la nuova disposizione normativa comporta il superamento della precedente impostazione normativa che consentiva di fare riferimento alla nozione civilistica di pertinenza di cui agli artt. 817 ss. c.c., nonché all’orientamento giurisprudenziale formatosi su tali disposizioni); il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato;
  • per “abitazione principale” si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Qualora i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale (quindi, nello stesso Comune), le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Si ricorda che il possesso dell’abitazione principale (o assimilata) non costituisce presupposto dell’imposta, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9 (abitazioni di lusso);
  • per “pertinenze” dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo.

Sono inoltre considerate abitazioni principali, e quindi non soggette all’IMU:

  1. le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
  2. le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
  3. i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali;
  4. la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso;
  5. un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica;
  6. su decisione del singolo Comune, l’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, l’agevolazione può essere applicata a una sola unità immobiliare.

Il D.L. 28 marzo 2014, n. 47, (c.d. Piano casa), ha inoltre previsto, con effetto dal 2015:

  • la soppressione della facoltà per i Comuni di qualificare come abitazione principale l’immobile posseduto dai cittadini italiani non residenti e iscritti all’AIRE a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso;
  • l’assimilazione ex lege ad abitazione principale, a decorrere dal 2015, di un’unica unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti e iscritti all’AIRE, già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso.

Base imponibile

La base imponibile dell’imposta, a cui poi applicare le aliquote stabilite dai Comuni, è costituita dal valore degli immobili.

Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutate del 5%, i seguenti moltiplicatori:

  • 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;
  • 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
  • 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  • 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;
  • 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  • 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

Le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data di utilizzo.

La prima rata va pagata applicando le aliquote e le detrazioni previste dai singoli Comuni l’anno precedente.

Se già approvate è possibile far riferimento alle aliquote 2022 (è una facoltà, non un obbligo). I singoli Comuni, per l’anno 2022, dovranno inviare le delibere di approvazione delle aliquote e detrazioni al MEF, per il tramite dell’apposito “portale del federalismo fiscale”, entro il 14 ottobre 2022, in modo che il Ministero possa provvedere alla loro pubblicazione nel proprio sito internet di cui al D.Lgs. n. 360/1998, entro il termine del 28 ottobre 2022.

Gli immobili concessi in comodato a un parente di primo grado in linea retta (genitore o figlio) godono di una riduzione della base imponibile del 50% a condizione che:

  • l’immobile sia adibito ad abitazione principale;
  • l’immobile non appartenga a una delle categorie catastali cd di lusso (A/1, A/8, A/9);
  • il contratto di comodato risulti regolarmente registrato.

Inoltre il comodante:

  • deve possedere un solo immobile in Italia oltre all’abitazione principale non di lusso, sita nel territorio in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato;
  • deve risiedere e avere la sua dimora abituale nello stesso Comune in cui l’immobile è concesso in comodato;
  • deve presentare la dichiarazione IMU che attesti il possesso dei requisiti.

Dal 2016 sono esenti da IMU i terreni agricoli:

  • ricadenti nelle aree montane e di collina secondo i criteri della Circolare Ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993;
  • posseduti da coltivatori diretti del fondo (CD) e Imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola, indipendentemente dall’ubicazione del terreno;
  • immutabilmente destinati all’agricoltura, alla silvicoltura e all’allevamento di animali, con proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile;
  • ubicati nelle isole minori (Isole Tremiti, Pantelleria, Isole Pelagie, Isole Egadi, Isole Eolie, Isole Suscitane, Isole del Nord di Sardegna, Isole Partenopee, Isole Ponziane, Isole Toscane, Isole del Mar Ligure, Isola del Lago d’Iseo).

La Legge di Stabilità 2016 ha inoltre:

  • compreso nel novero degli immobili esenti da IMU le unità immobiliari di cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, anche se destinate a studenti universitari soci assegnatari;
  • previsto la riduzione al 75% dell’IMU dovuta in base all’aliquota comunale per gli immobili locati a canone concordato;
  • escluso i macchinari “imbullonati” dal calcolo della rendita e quindi dalla base imponibile IMU. Al fine di godere del beneficio, i contribuenti devono richiedere le rendite catastali rideterminate che avranno gli effetti retroattivi a partire dal 1° gennaio dello stesso anno.

La Legge di Bilancio 2019, prima, e successivamente il cosiddetto “Decreto Crescita” (D.L. 30 aprile 2019, n. 34), hanno rimodulato la deducibilità dell’imposta relativa agli immobili strumentali. Da ultimo è intervenuta anche la legge di Bilancio 2020 che ne ha così disposto la deducibilità:

  • al 50% già per il periodo d’imposta 2019;
  • al 60% per il 2020 e 2021;
  • a regime, dal 2022, la percentuale arriverà al 100%.

Il reddito delle abitazioni non locate che scontano l’IMU, ubicate nello stesso Comune in cui si trova l’abitazione principale, è assoggettato a Irpef nella misura del 50%.

I Comuni possono disporre casi di esclusione come, ad esempio, per i proprietari o gli usufruttuari anziani o disabili che trasferiscono la residenza in istituti di ricovero, per i cittadini italiani non residenti. Sono sempre esenti gli alloggi sociali, la casa assegnata al coniuge separato, l’unico immobile posseduto dal personale delle forze armate o delle forze di polizia, i fabbricati rurali a uso strumentale.

Sono inoltre esenti dall’IMU:

  • gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, e dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
  • i fabbricati di proprietà della Santa Sede, indicati negli artt. 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense;
  • i fabbricati destinati ad usi culturali ex art. 5-bis del D.P.R. n. 601/1973 (es. musei, biblioteche, archivi, parchi e giardini aperti al pubblico, ecc.);
  • i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli artt. 8 e 19 della Costituzione;
  • i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;
  • gli immobili localizzati all’interno delle Zone Franche Urbane posseduti dalle piccole e micro imprese;
  • gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività:
    • assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;
    • dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, alla catechesi e all’educazione cristiana, ex art. 16, comma 1, lett. a), legge n. 222/85.

Per gli immobili utilizzati sia per l’attività commerciale che per quella istituzionale, l’esenzione “va applicata solo alla frazione di unità destinata all’attività non commerciale”.

Le novità e le esenzioni 2022

Riduzione IMU per i pensionati esteri: per l’anno 2022 l’IMU è ridotta al 37,5% se vi è una sola unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d’uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia, residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall’Italia.   Esenzione IMU per i beni merce: dal 1° gennaio 2020 i fabbricati costruiti e destinati alla vendita da parte dell’impresa costruttrice sono esenti dall’IMU fino a che permane tale destinazione.   Esenzione IMU immobili D/3: per il 2022 non è dovuta l’IMU per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate.   Esenzione abitazione principale: nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in Comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare. La scelta dovrà essere comunicata attraverso la presentazione della dichiarazione IMU al Comune in cui è ubicato l’immobile da considerare come abitazione principale.   Esenzione IMU per gli immobili colpiti dal sisma del 2012 nei Comuni di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: applicazione dell’esenzione fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati e comunque non oltre il 31 dicembre 2022.

Termini e modalità di pagamento

La scadenza per il pagamento della prima rata IMU 2022 è fissato al 16 giugno 2022.

La seconda rata scadrà il 16 dicembre 2022.

Il versamento dell’IMU può avvenire alternativamente, mediante:

  • il modello F24;
  • apposito bollettino di c/c postale;
  • la piattaforma PagoPA, di cui all’art. 5 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82), e con le altre modalità previste dallo stesso Codice.

La Dichiarazione IMU deve essere presentata al Comune in cui sono ubicati gli immobili entro il 30 giugno dell’anno successivoa quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta.